Realtà Aumentata, Diminuita, Alternativa
La Realtà Aumentata è davvero una versione più ricca della realtà che ci circonda? Cosa perdiamo ogni volta che utilizziamo un dispositivo?
La narrativa fantascientifica ha spesso predetto le innovazioni tecnologiche, in particolare quelle legate alle Intelligenze Artificiali e al rapporto uomo-macchina – un po’ troppo ottimistiche, invece, le previsioni sui viaggi interstellari. Uno degli autori di fantascienza più prolifici e premiati è Isaac Asimov: nel suo libro The Feeling of Power (in Italia Nove volte sette, 1958) la futura specie umana è in grado, con l’ausilio delle macchine, di realizzare calcoli complessi alla velocità della luce, viaggiare per diverse galassie, eppure è così legata all’utilizzo di periferiche e Intelligenze sintetiche da aver perso capacità di calcolo e ingegno. Come ha descritto Darwin nei suoi studi sull’evoluzione della specie umana, con il tempo gli individui si adattano e il loro corpo si evolve di conseguenza, mantiene e sviluppa le caratteristiche utili e atrofizza quelle superflue.
Asimov descrive un futuro in cui l’uomo, delegando alle macchine ogni tipo di calcolo, di memorizzazione e di inventiva, si avvicina sempre più al concetto di “macchina non cosciente", un automa, mentre la macchina somiglia sempre di più all’essere umano come lo conosciamo oggi. L'autore crea inoltre un rapporto fra l’uomo e la realtà che lo circonda, diverso da quello che fu per millenni, ma non concettualmente inverso a quello che viviamo oggi. A mio avviso, la tendenza a un futuro del genere è chiara: all'interno di questo rapporto c'è non solo l'uomo, che affida alla macchina operazioni manuali per risparmiare fatica o vivere in maggior sicurezza, ma anche una tecnologia onnipresente, che funge da filtro per la percezione che i sensi umani hanno della realtà.
Se la realtà, secondo John Stuart Mill, è qualcosa in grado di scaturire uno stato di coscienza grazie alla percezione, va da sé che ogni filtro posto fra noi, i nostri recettori sensoriali e la realtà riduce, e in un certo senso va a selezionare, le informazioni che l’uomo acquisisce.
Questo è vero in generale per quanto riguarda la nostra percezione “naturale”, quella che non coinvolge schermi o periferiche: ad esempio, così come l’occhio trasmette al cervello solo determinate immagini, anche il tatto – nello specifico, i recettori tattili – funge da filtro selezionando solo determinate informazioni da spedire al cervello tramite il sistema nervoso. Così come il passaggio da una fonte dati analogica a una digitale implica una perdita di dati (si pensi alla musica registrata direttamente su nastro e alla controparte in formato digitale), il corpo umano recepisce solo una minima parte delle informazioni presenti nella realtà.
È interessante notare che, ben prima dell’avvento delle tecnologie digitali e della Realtà Aumentata, l'essere umano ha cercato di “arricchire” la realtà con artifici sensoriali e tecniche di illusione, allo scopo di veicolare un messaggio o un’emozione. Un campo dove ciò è emerso in maniera entusiasmante e tutt’oggi affascinante è quello dell’arte.
Da sempre nella Storia dell'Arte vengono ideati artifici che creino un’illusione per l’occhio umano. A volte l’obiettivo è riportare la realtà così come la vediamo, su una superficie bidimensionale o una scultura tridimensionale. Nel primo caso, una delle maggiori scoperte fu la prospettiva, che tutt’oggi affascina lo spettatore e garantisce al dipinto una parvenza di profondità e realismo. L’occhio umano è quindi “ingannato”, ma senza l’ausilio di periferiche esterne, analogiche o digitali: è esso stesso che, a causa delle proprie caratteristiche e al lavoro cognitivo del cervello, ci fa credere di guardare qualcosa di simile alla realtà. Possiamo qui parlare di “realtà aumentata” grazie alla tecnica utilizzata dall’artista, che rende l'opera una sorta di periferica aumentatrice di quella realtà bidimensionale.
In altri casi, quando utilizziamo tablet, occhiali, lenti d’ingrandimento o auricolari, percepiamo la realtà come diminuita, poiché i nostri recettori sensoriali vengono supportati (e in certi casi sostituiti) da controparti artificiali, siano esse analogiche o digitali. In particolare, l’effetto è perfino maggiore se la periferica che usiamo elabora digitalmente i dati prima di mostrarla in modo definitivo, poiché ogni risorsa digitale è una rappresentazione, per definizione campionata, del mondo che ci circonda. Un buon esempio può essere quello della Realtà Aumentata sullo smartphone: la videocamera cattura la realtà e lo schermo ne manifesta una versione modificata.
Le informazioni elaborabili da un qualsiasi calcolatore fanno parte di uno spazio “discreto”, in cui si opera per intervalli, seppur minuscoli, ben definiti. La realtà che ci circonda e i meccanismi naturali operano invece in uno spazio “continuo”, che non può quindi essere descritto con totale precisione in una rappresentazione discreta, se non omettendo dei dettagli. Quanto questi dettagli compromettano la nostra percezione della realtà, è un aspetto interessante che l’uomo ha sempre cercato di migliorare: ad esempio, nelle digitalizzazioni audio si eliminano solo le frequenze non udibili dall’orecchio umano. Ma teoricamente parlando, in questo senso, i computer limitano la nostra “visione” della realtà.
Perché allora si parla di Realtà Aumentata? Perché con questo termine ci si riferisce al fatto che la realtà che fruiamo tramite certe tecnologie ci viene presentata con dei contenuti aggiuntivi, non necessariamente migliorativi: la visione che ne consegue è, per così dire, una realtà alternativa. Un display può presentarci informazioni quali il nostro stato di salute, lo stato del nostro veicolo, le informazioni su un luogo nelle vicinanze. Cos'hanno in comune queste informazioni? Richiederebbero tempo per essere trovate, calcolate, e su sistemi complessi ci vengono proposte in maniera proattiva, ovvero anticipano il bisogno di averle, perché i sistemi più intelligenti imparano a conoscerci. In molti casi, la Realtà Aumentata diventa quindi un’estensione del nostro corpo, venendoci incontro laddove esso non arriva o non vuole arrivare.
È proprio in questi casi che a mio avviso la Realtà Aumentata acquisisce il suo maggior valore: quando permette all’uomo di superare i propri limiti fisici e cognitivi e di realizzare operazioni (o fruire contenuti) altrimenti impossibili, inaccessibili. La Realtà Aumentata è uno strumento per l’accessibilità.
Ogni periferica assistiva è considerabile in senso lato un mezzo di Realtà Aumentata, poiché permette di accedere a contenuti della realtà circostante che normalmente ci sarebbero preclusi. Non aumenta la realtà, ma crea un rapporto alternativo con essa, introducendo nuove possibilità. La realtà alternativa potrà sì essere “finta”, o in un certo senso sintetica e semplificata, filosoficamente parlando, ma nella pratica può migliorare la vita di molte persone. Ci interessa davvero che portando un paio di occhiali diminuiamo la nostra visione della realtà introducendo un filtro di vetro fra noi e il mondo? Nella pratica poco, se questo ci aiuta a distinguere maggiori dettagli e supporta un deficit visivo. Lo stesso ragionamento va esteso alla “Realtà Aumentata”, intesa come trend informatico, tornato in voga negli ultimi anni. Un maggior e miglior accesso alla cultura, all’informazione, allo svago, possono fare la differenza nella qualità della vita.
Se quindi, da un punto di vista filosofico e concettuale, la cosiddetta “Realtà Aumentata” è di fatto una versione diminuita della realtà che ci circonda, non va dimenticato che nella pratica certi strumenti e tecnologie possono davvero permettere una fruizione della realtà, altrimenti impossibile per molti utenti, in una sua versione alternativa. Va mantenuta la consapevolezza che aggiungere uno schermo o un altro tipo di “filtro” diverso dai nostri sensi umani significa utilizzare questi sensi solo in parte, e ciò potrebbe, col tempo, portare l’uomo a diminuire le proprie capacità sensoriali. Consapevoli di ciò, dobbiamo riconoscere l’enorme contributo che certe tecnologie hanno apportato alla quotidianità e al tenore di vita di molti individui della società moderna.
Bibliografia:
- Roberto Dal Monte, La realtà diminuita – Fenomenologia di un mondo in riduzione, Le lanterne di Diogene, 2016
- John Stuart Mill, Sistema di logica
- Isaac Asimov, Nove Volte Sette (The Feeling of Power), If, 1958
- Nicolò Carpignoli, The men of the future will fly across the universe but they won’t be able to calculate 2+2, articolo di blog, https://medium.com/@nicolcarpignoli/the-men-of-the-future-will-fly-across-the-universe-but-they-wont-be-able-to-calculate-2-2-8e93b93412f, 2018
- E. H. Gombrich, La storia dell’arte, PHAIDON, Ed. Italiana, 2009
- Loomis, J. M., & Lederman, S. J., Tactual perception. In K. R. Boff, L. Kaufman, & J. P. Thomas (Eds.), Handbook of perception and human performance, Vol. 2. Cognitive processes and performance (p. 1–41). John Wiley & Sons, 1986